Il primo degli otto quadri presentati nel progetto
formativo 2018/20, riguarda la preghiera. Forse, molti di voi si chiederanno
perché, un progetto che nasce con l'intenzione di essere premessa, teorico-laboratoriale
di un servizio ad extra e quindi, per sua natura improntato sulla concretezza,
inizi proprio con un'attività, quella orante, considerata esclusivamente
contemplativa. La risposta risiede nella natura stessa della preghiera
che al contrario, è molto legata alla contingenza umana.
Rapportarsi
con Dio, del resto è ontologicamente iscritto nel cuore dell'uomo; il
quale, da sempre, avverte quella nostalgia d'infinito che il Creatore,
ha trasmesso ad ogni uomo, nell'atto stesso della creazione.
Ciò
sta a significare che, se l'essere umano sceglie di non rivolgere lo
sguardo verso Dio, proverà un'incompletezza lacerante ed un grande disorientamento.
Con tali sentimenti, difficilmente la sua vita, potrà esser testimonianza
evangelica credibile; perché lui stesso, avendo smarrito il legame con
la propria dimensione spirituale, avrà difficoltà ad individuare il
fine ultimo, per sé e per gli altri. In definitiva, ciò che mi preme
sottolineare è la centralità della preghiera, come canale fondamentale
per lasciarsi plasmare dallo Spirito Santo e rifornirsi da esso per
attingere nuova energia per rispondere al mandato di Gesù. Il cristiano
deve ricominciare a dar frutto nel sociale; deve spingersi oltre le
proprie certezze e comodità per annunciare a tutti, il messaggio di
salvezza di cui la chiesa è depositaria. Circa le modalità di evangelizzazione
il Signore, lascia ampio spazio alla fantasia dell'inviato; non dà istruzioni
sul “come fare” perché desidera che l'uomo, in relazione al tempo ed
al luogo in cui vive, possa usare liberamente i propri carismi.
Al contrario le direttive che toccano il fine del mandato, risultano
ben definite da parole chiave: “Andate”! Ammaestrate (evangelizzate)
Insegnate”...”Io sono con voi”.
Ci viene chiesto di andare e dirigerci
dove sono le tensioni e le difficoltà per annunciare! É evidente
dunque la necessità di mettersi nel cuore della Parola; di meditarla
e farla propria tanto da trasformare la nostra vita e, per riflesso
quella altrui.
Relazionandomi con Dio che è Amore gratuito ed incondizionato,
inizierò ad amare il prossimo nella preghiera, ancor prima di incontrarlo;
è questo, il potere enorme che risiede in essa. E così, come in Francesco,
la vita diventerà preghiera e la preghiera diventerà vita.
Il serafico
Padre, infatti era un uomo fatto preghiera; in lui, non si distingueva
più il tempo in cui viveva da quello in cui pregava. Per questo motivo
il modulo “Euchè” (termine greco per indicare l'atto di pregare), diventa
l'inizio ed al contempo il sostegno spirituale di questa nuova esperienza
formativa e fraterna.
Il primo incontro del progetto regionale il corso
“Euchè la Preghiera” si è svolto a Loreto nella sala
Paolo VI. La recita delle lodi, relative alla prima domenica di avvento, ha dato avvio, ufficialmente, a tutto il Progetto.
Dopo l'intervento
della Responsabile del Progetto Regionale Simona Santucci si è passati
alla presentazione della rivista trimestrale Momenti francescani a cura
del responsabile Michele Amato della Società Cooperativa Sociale “Fratelli
è possibile” di Santarcangelo di Romagna (RN).
Il segmento teorico è stato guidato dalla prof. Rosanna
Virgili
che, magistralmente ha parafrasato, l'affascinante e struggente “Preghiera sul molo”, scritta da
Don Tonino Bello, in occasione dell'addio alla propria terra d'origine: Tricase, nel Salento.
Questa sera, Signore, voglio pregarti ad alta voce. Tanto, all’infuori di te, non mi sente nessuno. Anche l’ultima coppia di innamorati se n’è andata infreddolita dalla brezza d’ottobre che viene dal mare. E qui, dietro il muraglione del porto, in questo crepuscolo domenicale, non siamo rimasti che io e te, o Signore. E sotto, queste onde che lambiscono i blocchi di cemento e sembrano chiedermi stupite il perché di tanta improvvisa solitudine. Tricase è alle mie spalle. Davanti solo il mare: un mare senza vele e senza sogni. Domani, Signore, avrò la forza di pregarti per il mare, per questo mare di piombo che mette paura, per questo simbolo opaco del futuro che mi attende. Stasera, invece, voglio pregarti per ciò che mi lascio dietro, per la mia città di Tricase, per questa terraferma tenace, dove fluttuavano ancora… le mie vele e i miei sogni. Non ti annoierò con le mie richieste, Signore. Ti chiedo solo tre cose. Per adesso. Dai a questi miei amici e fratelli la forza di osare di più. La capacità di inventarsi. La gioia di prendere il largo. Il fremito di speranze nuove.Il bisogno di sicurezze li ha inchiodati a un mondo vecchio, che si dissolve, così come hai inchiodato me su questo scoglio, stasera, col fardello pesante di tanti ricordi. Dai ad essi, Signore, la volontà decisa di rompere gli ormeggi. Per liberarsi da soggezioni antiche e nuove. La libertà è sempre una lacerazione! Non è dignitoso che, a furia di inchinarsi, si spezzino la schiena per chiedere un lavoro “sicuro”. Non è giusto attendersi dall’alto le “certezze” del ventisette del mese. Stimola in tutti, nei giovani in particolare, una creatività più fresca, una fantasia più liberante, e la gioia turbinosa dell’iniziativa che li ponga al riparo da ogni prostituzione. Una seconda cosa ti chiedo, Signore. Fa’ provare a questa gente che lascio l’ebbrezza di camminare insieme. Donale una solidarietà nuova, una comunione profonda, una “cospirazione” tenace.
Falle sentire che per crescere insieme non basta tirar dall’armadio del passato i ricordi splendidi e fastosi, di un tempo, ma occorre spalancare la finestra del futuro progettando insieme, osando insieme, sacrificandosi insieme. Da soli non si cammina più. Concedile il bisogno di alimentare questa sua coscienza di popolo con l’ascolto della tua parola. Concedi, perciò, a questo popolo, la letizia della domenica, il senso della festa, la gioia dell’incontro. Liberalo dalla noia del rito, dall’usura del cerimoniale, dalla stanchezza delle ripetizioni. Fa’ che le sue Messe siano una danza di giovinezza e concerti di campane, una liberazione di speranze prigioniere e canti di chiesa, il disseppellimento di attese comuni interrate nelle caverne dell’anima. Un’ultima implorazione, Signore. E’ per i poveri. Per i malati, i vecchi, gli esclusi. Per chi ha fame e non ha pane. Ma anche per chi ha pane e non ha fame. Per chi si vede sorpassare da tutti. Per gli sfrattati, gli alcolizzati, le prostitute. Per chi è solo. Per chi è stanco. Per chi ha ammainato le vele. Per chi nasconde sotto il coperchio di un sorriso cisterne di dolore. Libera i credenti, o Signore, dal pensare che basti un gesto di carità a sanare tante sofferenze. Ma libera anche chi non condivide le speranze cristiane dal credere che sia inutile spartire il pane e la tenda, e che basterà cambiare le strutture perché i poveri non ci siano più. Essi li avremo sempre con noi. Sono il segno della nostra povertà di viandanti. Sono il simbolo delle nostre delusioni. Sono il coagulo delle nostre stanchezze. Sono il brandello delle nostre disperazioni. Li avremo sempre con noi, anzi dentro di noi. Concedi, o Signore, a questo popolo che cammina l’onore di scorgere chi si è fermato lungo la strada e di essere pronto a dargli la mano per rimetterlo in viaggio. Adesso, basta, o Signore: non ti voglio stancare, è già scesa la notte. Ma laggiù, sul mare, ancora senza vele e senza sogni, si è accesa una lampara.
Il segmento laboratoriale / pratico è stato guidato da Padre Emanuele D'Aniello che ha tracciato utili linee - guida per un percorso di preghiera.
Le cinque
fasi della preghiera:
1. PAROLE VUOTE;
2. MONOLOGO
3. DIALOGO
4. ASCOLTO
5. A M O R E
A) TAPPA DELLE
PAROLE VUOTE
É la preghiera che non è preghiera,
è la preghiera che è deforme. Potremmo non considerarla affatto preghiera,
non merita questo nome. Nonostante ciò è un tipo di preghiera tanto
diffusa, talmente diffusa che si è costretti a parlarne. Per Gesù non
è preghiera moltiplicare parole vuote e purtroppo una quantità di cristiani
prega così, con una montagna di parole vuote. La prima cura contro il
verbalismo è esserne inorriditi; chi non si sente malato non guarisce.
Tante liturgie sono preghiere senza preghiera.
B) TAPPA DEL
MONOLOGO
Il monologo è parlare con se stessi, non è comunicare.
Anche questo tipo di preghiera è frequente oltre che pericolosa. Chi
prega così ha l'illusione di fare e non fà niente, se non pregasse affatto
GUADAGNEREBBE, perché presto o tardi si scoterebbe. Questo tipo di preghiera
non opera sui nostri mali, come un iniezione d'acqua. Lascia il tempo
che trova, non guarisce i mali, addormenta la coscienza.
C)
IL DIALOGO
Qui comincia la preghiera; chi arriva
al dialogo è approdato alla preghiera, quando noi sappiamo instaurare
un dialogo con Dio, PREGHIAMO. Quando Dio diventa persona viva che ci
sente e ci vede, ci ama e partecipa (Lui lo è sempre, ma siamo noi che
non ce ne accorgiamo), anche noi diventiamo persone vive e comunichiamo
veramente con Lui. Siamo al dialogo, il cuore si fà caldo, ha inizio
la preghiera; quando siamo in questa fase, noi riversiamo in Dio i nostri
problemi con fede e lo ascoltiamo.
DIDIO CI APRE IL CUORE E SI FA'
SENTIRE.
4. L'ASCOLTO
Non abbiamo ancora raggiunto
la vetta della preghiera ma siamo sulla buona strada. Occorre partire
dalla purificazione, occorre imparare “scorticare” l'orgoglio dobbiamo
diventare verità a noi stessi. Dio non riesce a parlarci e noi non riusciamo
ad ascoltarlo fin quando non toglieremo la maschera dal volto.
5.
AMORE É
La vetta suprema della preghiera
è l'AMORE. Qui è la vetta. Quando cioè la preghiera diventa semplicità
assoluta perché si cambia in azione in fatto. Quando la preghiera si
fa VITA, quando la preghiera diventa un abbandonarsi alla Sua volontà,
quando la preghiera diventa donazione, offerta.
Quando le parole
non servono più IMPACCIANO, RITARDANO, COMPLICANO.
Preghiera alla Madonna di Loreto
Intenzione di preghiera per la fedeltà al Papa
Contrada Grazie, 17, 62012 Civitanova Alta MC
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